Esercizi di stile

Dopo il post relativo al parlare di vino (leggi qui) ho deciso di ripubblicare questo, scritto qualche anno fa. È un post a cui tengo molto, una provocazione che può aiutare a continuare a riflettere sul come raccontare il vino.

Nel 1947 Raymond Queneau scrisse un libro destinato a lasciare un segno, tanto da far sì che il titolo divenisse frase di utilizzo comune.
Esercizi di stile nasce da un’idea tanto semplice quando geniale: raccontare un episodio banale di vita quotidiana (un uomo incontrato su un mezzo pubblico e rivisto due ore dopo davanti a una stazione) in 99 modi differenti, giocando con la lingua e utilizzando una babele di figure retoriche, stili letterari, costruzioni sintattiche, giochi di parole…

Ovviamente ne caldeggio la lettura: per chi mastica poco il francese c’è l’ottima traduzione italiana di Umberto Eco, che conserva il testo a fronte. Ma non è del libro che voglio parlare.

In un blog che parla di vino e letteratura, Esercizi di stile è un formidabile spunto per giocare un po’, ma anche per riflettere su cosa e soprattutto come si scrive di vino.
Per cui – presuntuosamente autoreferenziale – ho preso la descrizione di un vino che scrissi qualche tempo fa (non perdete tempo a cercarla, non è quella la cosa importante) e mi sono messo a giocare.

Si tratta di un work in progress e le versioni sono molte di meno delle 99 di Queneau. Vogliono essere una provocazione e un punto di partenza per giocare e discutere, soprattutto sul come si parla di vino. E, in alcuni casi, anche un omaggio ad alcuni scrittori che amo particolarmente.

Quindi, se volete aggiungere ulteriori versioni a quelle che troverete di seguito, siete i benvenuti!

L’originale
Rubino dalle sfumature porpora. Naso deciso ed elegante che ben esprime il varietale del vitigno. Frutta dolce e polposa si intreccia a note speziate e a una mineralità di fondo che non cede mai. Leggere note tostate completano la tavolozza evidenziando liquirizia e una sfumatura di incenso. Il palato è ricco, molto saporito e di grande linearità, con una bella sapidità a integrare un’acidità da manuale. Chiude caldo e con precisi ritorni fruttati. Macerazione in acciaio, malolattica e affinamento in barrique e tonneau. Carré di agnello al timo.

Scheda Ais
Limpido, rosso rubino con sfumature porpora, consistente. Intenso, complesso, eccellente, fruttato, speziato, tostato, minerale, etereo. Secco, caldo, morbido, fresco, poco tannico, sapido, di corpo, equilibrato, intenso, persistente, fine. Pronto, armonico. 92.

 Antonio Albanese
È rosso.

James Joyce
Se solo me ne avesse lasciato un sorso di quel vinello foresto che si è scolato con le costolette di agnello e che brillava rubino nei bicchieri che mi aveva regalato la zia Dolores quando stavamo a Gibilterra e Poldy era ancora quell’uomo deciso ed elegante che mi ha fatto innamorare e che a tutti gli appuntamenti si presentava con un mazzo di fiori e sempre dico sempre della frutta dolce e polposa i cui effluvi si mescolavano alla sua pelle che sapeva di pepe e incenso e pietra bagnata e ricordo quell’alito che rinfrescava con pastiglie di liquirizia per nascondermi che aveva fumato ma io lo baciavo e li ricordo quei baci e la sua lingua calda e salata che mi esplorava tutta la bocca e sentivo il suo sapore misto di acciughe e fiori di campo.

Edonistico
È buono!

Alessandro Baricco
Era sempre rosso in viso.
Un rosso quasi rubino, con delle sfumature porpora a conferirgli un’insolita giovinezza.
Ma era il profilo a renderlo interessante.
Quel naso deciso.
Elegante.
Così tipico della sua razza che non potevi sbagliarti.
Sulle gote la pelle lucida come metallo che pareva una pesca matura e succosa.
La scia del suo dopobarba. Incenso. Vetiver. Aghi di pino.
La sua voce calda.
Il suo modo di parlare. Sempre diretto. Sprezzante. Tagliente.
E quel modo di tagliare l’agnello. E poi di mangiarlo.
Inconfondibile.

Anagrammi
Deambulata freni porro pus urlo. Dipendendo elemosine noi rieleggereste sbatacchiavate ville. Eccellereste infezioni paracadutata posto stipo adenoidi fulminee ho ne nei raccomandata. Eleggerà lo otto scampanellavate un tetto zonzo idealizzando iniqui veri adescata fermi un suino. Deraglerei otto pistilli polo raccomandata rioni abdicata nel pulsino iene lui madida tracannata urge. Accucciando definirei hotel riporti trust. Camiciaia noi affaticare eminente coerenza equini non traballata uomo. Araldica grillo monte.

Haiku/1
Freddo rubino
Variata tavolozza
Agnello cotto

Haiku/2
Pietra bagnata
Sorso fatto spirito
Calda freschezza

Haiku/3
Bel varietale
Polposa liquirizia
Barrique e tonneau

Luca Maroni (non posso proprio esimermi!)
Rubino è abito visivo esemplare della sua concentrazione totale. Incommensurabile nella potenza in dolcezza della confettica albicocca sua. Confettica giacché di dolcezza esondante del pari della suadentissima glassa del confetto in Sulmona. Capolavoro assoluto di viticoltura cremosa, polposa, di potenza e viscosità definitivamente, compiutamente imperiosa. Natura e uomo qui inscindibilmente, frutto speziosamente, clorofillosamente avvinti. Non una macchia, un’alterazione, una pausa od un neo nell’emissione, non un vizio od un aspetto perfettibile nell’effusione, con la risultante che è una performance sensoriale di perfetta souplesse olfattiva e palatale. Uno fra i vini più ricchi equilibrati e nitidi che ho mai avuto l’onore di incontrare. Pura clorofilla di nerissima uva e del più candido rovere d’elevazione che ci sia. Con il suo distillato di ricchissimo frutto che ha la dolcezza del burro di cacao e la polposità sublime della purea della polpa delle more. Un capolavoro anzitutto viticolo, quindi enologico, con un filologico, tecnico rispetto di codesta stupenda forza della natura.

Wine Spectator
Bursting with sweet cherry and blackberry, licorice and spice flavors. Ripe, dense, balanced, full bodied red, show the structure to age. Best from 2015 through 2020.

Lipogramma in “a”
Rubino con toni vermiglio. Profumo deciso e distinto che ben esprime il genere del vitigno. Frutti dolci e polposi si uniscono con note pungenti e pietrose che non cedono per niente. Leggere note fumose rifiniscono il dipinto mettendo in luce stecco nero e soffi di incenso. Il sorso è ricco, molto gustoso e rettilineo, con un belle note di cloruro di sodio che sostengono un brusco libresco. Chiude cocente e con precisi ritorni del frutto. Unione di bucce ed essenze in inox, riduzione del brusco fisso e riposo in botti di 225 e 500 litri. Lombo di montone con timo.

Lipogramma in “e”
Rubino con sfumatura porpora. Naso risoluto, raffinato: un paradigma. Frutta amorosa, polposa, abbraccia profumi di fragranza unita a una rocciosità di fondo mai doma. Sottili soffi tostati chiudono la tavolozza dando risalto a liquirizia con una sfumatura di olio aromatico. Il palato si dimostra ricco, molto saporito, di ampia uniformità, con una magnifica sapidità a dar supporto a un’acidità didascalica. Chiusura calda, con giusti ritorni fruttati. Contatto buccia/polpa in acciaio, fa la malolattica poi affina in botti da 225 o 500 litri. Costata di cucciolo ovino al timo.

Lipogramma in “i”
Rosso gemma dalle sfumature porpora. Naso tosto ed elegante che ben racconta la razza dell’uva. Frutta dolce e polposa è fusa a note drogate e sassose che perdurano salde. Leggere note tostate completano la tavolozza regalando tubero scuro e una sfumatura sacra. La bocca è opulenta, molto gustosa e presenta grande coerenza, con una bella nota salata a sostenere una freschezza da manuale. Occlude caldo e con un netto retrogusto fruttato. Macera nel metallo, perde la nota fresca e matura nel legno angusto e tonneau. Carré dell’agnello all’arbusto odoroso.

Lipogramma in “o”
Pietra vermiglia dalle sfumature cardinalizie. Fragranza decisa ed elegante che ben esprime il varietale dell’uva. Frutta amabile e densa si intreccia a richiami speziati e a una mineralità di base scevra da cedimenti. Leggeri cenni bruciati a chiudere la palette, mette in evidenza liquirizia e una sfumatura di spezia sacra. La tessitura gustativa è ricca, estremamente stuzzicante e di grande linearità, presenta una bella sapidità a integrare un’acidità da manuale. Chiude bruciante e dai precisi rimandi fruttati. Macera in vasche metalliche, perde acidità e affina in barrique e tini da 500 litri. Carré di bebè di ariete alla spezia lamiacea.

Lipogramma in “u”
Rosso pietra dai riflessi porpora. Naso deciso ed elegante che ben esprime il varietale del vitigno. Ovarie delle angiosperme dolce e polpose si intrecciano con note speziate e con la mineralità di fondo che non cede mai. Leggere note tostate completano la tavolozza evidenziando radice nera e soffi di incenso. Il palato è ricco, molto saporito e di grande linearità, con la bella sapidità a integrare l’acidità paradigmatica. Termina caldo e con precisi ritorni di ovario delle angiosperme. Macerazione in acciaio, malolattica e affinamento in botti piccole e da 500 litri. Carré di agnello al timo.

Istruzioni per degustare il vino (omaggio a Julio Cortázar)
Procuratevi le seguenti cose: una bottiglia, un cavatappi, un bicchiere. E degli amici, che è triste bere il vino da soli.
Tenendo ben salda la bottiglia e utilizzando il cavatappi, apritela e versatene un po’ del contenuto nel bicchiere. Non troppo, però, diciamo sufficiente a riempirne la quarta o la quinta parte.
Impugnate ben saldo il bicchiere e guardate il vino: la limpidezza, le sfumature di colore. Poi ruotatelo leggermente, osservate le lacrime e gli archetti che si formano sulle pareti e valutate la consistenza del vino.
Ora avvicinate il calice al naso e inspirate. Poi allontanatelo, fatelo ruotare (poco, per carità, non è una lavatrice) e riavvicinatelo alle narici. Ripetete l’operazione più volte a intervalli regolari e annotare i profumi che percepite.
È arrivato il momento di assaggiare il vino. Prendetene un piccolo sorso, fatelo vagare per il vostro cavo orale, quasi a perdersi, e poi deglutitelo. Percepirete lo zucchero (ammesso ci sia), l’alcol, la morbidezza, l’acidità, il tannino e la sapidità. Poi valutatene la persistenza e la qualità.
Mettete tutto assieme e date un giudizio complessivo e, se proprio dovete, anche un voto.
Poi dimenticate tutto quello scritto sopra e godetevelo.

2 commenti su “Esercizi di stile”

  1. Complimenti davvero! É tutt’altro che facile😊
    Sempre pieno di sorprese
    La parte migliore comunque è l’ultima riga!😉

    1. Grazie Stefania!
      Non è facile ma è stimolante: voleva essere una provocazione per capire che ci sono tanti differenti modi per raccontare il vino.
      Sul fatto che l’ultima riga sia la migliore mi trovi perfettamente d’accordo!

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