In questo periodo fioriscono le degustazioni online e confesso di essermici cimentato anche io. Ognuno le affronta – giustamente – con il proprio stile e la propria personalità, riflessi anche nel modo di proporsi: chi in tuta, chi in felpa, chi in t-shirt, chi impeccabile in camicia e papillon. Se i commenti sul look si possono rimandare ad altri tempi, sicuramente questo proliferare di degustazioni porta a delle riflessioni sul come raccontare il vino. E non solo ai tempi del Covid-19.
Se non è facile descrivere un vino quando lo si ha tutti contemporaneamente nel bicchiere, diventa compito arduo farlo quando chi ascolta il vino lo può solo immaginare. E allora come approcciarsi a questo tipo di degustazione? come raccontare qualcosa senza che i nostri interlocutori possano percepirlo con olfatto e gusto?
Alla domanda “chi ho davanti”, che ogni buon comunicatore dovrebbe farsi, se ne deve affiancare un’altra: “come faccio a raccontare qualcosa che il mio uditorio può percepire solo attraverso la mia voce”?
Già, come faccio?
Gli approcci sono tanti. Chi non si pone domande e degusta come se nulla fosse, parlando di violetta, ciclamino, cassis e grafite, acidità spiccata e tannini setosi. Chi racconta vitamortemiracoli del produttore, da quando in calzoni corti andava a vendemmiare col nonno a quando è sbarcato trionfale a New York. Chi analizza con meticolosità da geologo ogni stratificazione di terreno, spiegando perché il calcare che insiste su uno strato di ardesia conferisce a vino non so bene cosa.
Tutto giusto? Tutto giusto.
Ma alle due domande di cui sopra se ne deve aggiungere un’altra: “dove sto parlando”? Perché, anche in tempi di #iorestoacasa, i social non possono – e non devono – sostituire un’aula: altrimenti perderebbero quel fantastico potenziale comunicativo che rappresentano.
E allora, a mio parere, la parola d’ordine deve essere “semplificare”. Interventi brevi, poche ma chiare informazioni, descrizioni asciutte: insomma, far immaginare cosa si ha nel bicchiere senza ricorrere a termini troppo specifici. Ricordando che si è dei privilegiati a poter degustare certe bottiglie e che chi ci ascolta spesso prova una sana invidia, invidia che diventa frustrazione se non gli si da almeno l’illusione che qual vino lo stia bevendo con noi.