Champagne discount

“Lo Champagne aiuta la meraviglia.”
(George Sand)

 

Il mio amico Carlo per lavoro calcola i prezzi.
E quando ci troviamo a condividere qualche bottiglia facciamo un gioco: chiederci quanto saremmo stati disposti a pagarla.
Perché il vino è poesia, storia, cultura. Ma è anche lavoro e impresa e chi lo produce (ma anche chi lo vende o lo racconta) ci deve campare.

Ho pensato a Carlo e al nostro gioco quando ho assaggiato una vino salito agli onori della cronache dei social qualche settimana fa, quando un’instagrammer ha lanciato la provocazione. Provocazione raccolta da molti e che faccio, seppur in ritardo, mia.

Il vino in questione è uno Champagne, che sugli scaffali della LIDL era in offerta a 10 euro e 99 centesimi. Un prezzo decisamente allettante, che ha indotto molti all’acquisto. (Per onor di cronaca la bottiglia generalmente viene venduta a 16 euro e spicci).

Lo Champagne si chiama Comte de Senneval ed è prodotto dalla Maison Burtin, azienda del gruppo Lanson. Tecnicamente Burtin è un MA, cioè una Marque Auxiliare (o d’Acheteur), un’azienda che si fa produrre il vino da terzi e poi lo commercializza col proprio marchio, spesso nella grande distribuzione.
Fatto questo che giustifica il prezzo decisamente competitivo e allettante.

L’etichetta, oltre a dirci che si tratta di un brut con il 12.5% di alcol, non fornisce troppe indicazioni: manca la data di sboccatura, fondamentale per capire se stiamo acquistando uno Champagne ancora vivo e fresco oppure un prodotto che è rimasto troppo tempo nei magazzini o – peggio ancora – sullo scaffale, e che il supermercato ha necessità di vendere quanto prima. Un “1803” in retroetichetta potrebbe far pensare al marzo 2018, ma non ne ho certezza.

Ma l’hai assaggiato? sento che chiedono i miei lettori.
Certamente, e non mi è piaciuto.

Il colore non era invitante: privo di luminosità nonostante una buona presenza di bollicine, e tendente a un paglierino scuro, possibile indicatore di una leggera ossidazione.
Avvicinando il calice al naso sono stato letteralmente aggredito da una pungenza eccessiva che me l’ha immediatamente fatto allontanare. Superato questo impatto poco da segnalare: una leggera ossidazione, un po’ di frutta e stop.
L’assaggio conferma le note ossidate ricorda una limonata gasata lasciata però all’aria per giorni.
Sarò snob e ho anche la fortuna di essere ben abituato, ma non sono riuscito a finire neanche il calice.

Quali sono le conclusioni che si possono trarre da questa esperienza?

La prima.
Un neofita, attratto dal prezzo, si troverà di fronte a un vino che non rappresenta affatto il territorio e la tradizione dello Champagne; e ne rimarrà sicuramente deluso. (Cosa che avviene anche con certi Barolo o Brunello spesso svenduti sugli scaffali di supermercati o autogrill).

La seconda.
Con gli stessi 11 euro, sempre nella grande distribuzione e spesso anche in offerta, si possono acquistare dei discreti Franciacorta, Trento o – perché no – un Cava, anche di produttori blasonati. Avendo l’opportunità di bere dei vini che rappresentano sicuramente di più la storia e il luogo dove vengono prodotti.
E magari scatterà quel pizzico di curiosità che farà avvicinare il consumatore poco esperto a etichette più importanti.

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