Non sono il tipo che ama i lietofine o le conclusioni ricche di sorprese e colpi di scena. Ma dopo ben 880 (sì, ottocentottanta!) pagine di romanzo, che ti tengono inchiodato alla carta e ti fanno andare a letto tardi, è lecito aspettarsi per lo meno un finale all’altezza di tutto ciò che è stato scritto prima.
Invece il finale di Underworld, romanzo fiume di Don DeLillo, non dico che rovini completamente tutto ciò che si è letto in precedenza, ma sicuramente mi ha lasciato con un po’ amaro in bocca.
Allora perché ce ne parli, potreste giustamente chiedermi?
Innanzitutto perché è un libro scritto benissimo: per tutte le 880 pagine. Spesso mi sono ritrovato a rileggere la stessa frase per più di due volte, per il semplice piacere di assaporare l’incisiva scorrevolezza della scrittura: un po’ come quando ascolti in loop un brano musicale o non ti stanchi di assaggiare e riassaggiare un vino.
L’altro motivo per leggere Underworld è perché rappresenta uno spaccato vero dell’America. Non quella imbellettata e finta di molto cinema, ma quella dura e dolente che si ritrova per esempio nei romanzi di Steinbeck: dove il sogno americano se non è incubo è per lo meno un sonno molto agitato.
In un arco temporale di 50’anni c’è il baseball, che è inizio e pretesto, c’è la guerra fredda e l’incubo nucleare, ci sono Edgar J. Hoover e Frank Sinatra, c’è l’arte contemporanea, c’è la povertà dei quartieri che circondano l’isola felice di Manhattan, c’è il problema dello smaltimento dei rifiuti, ci sono New York e la provincia. Il tutto in un vorticoso flashback che confonde, ammalia, e stupisce.
Il libro è del 1997, ma è decisamente attuale, se non altro per soddisfare il disperato bisogno di una realtà che spesso ci viene camuffata e che ci sfugge.
Vino in abbinamento.
Il bravo sommelier sa che ci sono due regole per l’abbinamento perfetto: la concordanza e la contrapposizione. In questo caso la prima vorrebbe un vino rosso corposo, ricco, opulento; la seconda un bianco fresco, spigoloso, quasi tagliente. Due nomi? Il Merlot Howell Mountain di Beringer e il Riesling Treppchen Kabinett di Dr. Loosen.